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Nella crisi del Mediterraneo non ci si può tirare indietro

Refugees and migrants wait on the deck of the Golfo Azzurro, a vessel belonging to the Spanish NGO Proactiva Open Arms, after being rescued off the Libyan coast on February 19, 2017. © David Ramos/Getty

La passeggera più giovane aveva appena quattro giorni di vita. La neonata, come isuoi genitori, era fra gli oltre 200 sopravvissuti in viaggio su due gommoni al largo delle coste della Libia, tutte: persone in fuga dalla guerra e dalla povertà che speravano di raggiungere l’Europa.

All fine, il 1° aprile scorso, le imbarcazioni sono state intercettate ad appena 22 miglia dalla costa libica da un battello dell’ONG spagnola Proactiva Open Arms, e i migranti trasferiti al porto siciliano di Augusta su un peschereccio preso a noleggio. Lo stesso giorno, altri 280 migranti sono stati imbarcati su una nave da rifornimento utilizzata da Medici Senza Frontiere, l’organizzazione di assistenza medica, e da SOS Méditerranée.

Appena pochi giorni prima, nella stessa zona, 66 persone erano affogate quando il gommone sul quale viaggiavano si era rovesciato per il carico eccessivo.

Al 5 aprile di quest’ anno, secondo l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni, 602 persone erano morte attraversando il Mediterraneo centrale per arrivare in Italia, contro i 355 dell’anno precedente. La maggior parte delle morti avvengono a 20-40 miglia dalla costa libica, su imbarcazioni affollate che non hanno alcuna possibilità di arrivare in Italia. 

Eppure, nonostante le perdite umane, in Italia si discute se le ONG attive in missioni di ricerca e di salvataggio nel Mediterraneo contribuiscano in qualche modo a questo problema.

A febbraio, il direttore dell’agenzia Frontex, la guardia di frontiera e costiera dell’Unione Europea, sollevò molto clamore quando suggerì in un’intervista che le ONG stessero in sostanza “sostenendo gli affari delle reti criminali e dei trafficanti in Libia attraverso le imbarcazioni europee che raccolgono i migranti sempre più vicino alla costa libica”. E mentre due imbarcazioni delle ONG hanno operato in queste acque nei mesi invernali, le imbarcazioni della guardia costiera sotto il comando di Frontex sono state trattenute vicino alle coste italiane, a più di 100 miglia di distanza dalla Libia.

La risposta europea ai flussi migratori sempre più intensi è a tutti gli effetti una politica di deterrenza. Stando a questa macabra logica, se le possibilità di affogare sono abbastanza alte, le persone eviteranno di imbarcarsi. Ma una tale politica richiede un grande numero di morti, e si basa su un presupposto errato: infatti, quando le missioni di salvataggio furono interrotte nel 2015, arrivarono più persone che mai. E coloro che tentano di evitare queste morti stanno diventando un capro espiatorio per una politica fallimentare.

Noi di Open Society Foundations siamo estremamente preoccupati per gli attacchi mossi verso le ONG coinvolte in questi salvataggi. Sebbene sia fondamentale non incoraggiare i trafficanti e le loro tattiche senza scrupoli che spesso comportano morte e sofferenza, esiste anche un obbligo morale e giuridico ai sensi del diritto internazionale per cui non si può semplicemente lasciare che delle persone affoghino in mare. I governi sono obbligati dal diritto marittimo a condurre operazioni di ricerca e soccorso in presenza di persone in difficoltà in mare, e le ONG stanno svolgendo questo ruolo fondamentale in piena collaborazione con il Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo di Roma e con la Guardia Costiera italiana.

La Open Society Foundations non finanzia operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Tuttavia, sosteniamo organizzazioni in Italia ed altrove in Europa che si battono per politiche migratorie dignitose ed efficaci, basate sullo stato di diritto. Vari gruppi con cui collaboriamo, come ASGI e A Buon Diritto, operano affinché le leggi internazioni, europee e nazionali vengano applicate nelle procedure di asilo, le condizioni di accoglienza dei migranti siano dignitose, e nessuno venga privato della libertà senza controllo giurisdizionale ed adeguate garanzie procedurali.

Crediamo inoltre che l’opinione pubblica italiana abbia il diritto di conoscere i fatti quando si parla d’immigrazione e, di conseguenza, sosteniamo coloro che cercano di presentare fatti e prove sulle radici delle migrazioni, sul loro impatto sulle società e su quali politiche conducano alle migliori soluzioni. Per tali motivi sosteniamo Carta di Roma, che organizza formazioni per i professionisti dei media nell’uso corretto di una terminologia giusta sull’immigrazione e le minoranze, e la piattaforma web #OpenMigration della Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili, che fornisce dati, infografiche, commenti, notizie e analisi sulle tendenze migratorie e sui relativi sviluppi legali e politici.

L’Europa è ancora alla ricerca delle politiche efficaci di cui ha bisogno per gestire il flusso di persone in fuga dalla guerra e dalla povertà, proprio come quando, nel XIX e nel XX secolo, le famiglie italiane davano una sterzata alle proprie esistenze, dirigendosi negli Stati Uniti e in America Latina alla ricerca di una vita migliore. Tali soluzioni emergeranno in Italia e in Europa  soltanto attraverso un dibattito aperto e basato sui fatti, guidato dalla nostra comune umanità. 

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